di Eugene Ionesco
traduzione Gian Renzo Morteo
regia e interpretazione, scene e costumi di Elena Bucci e Marco Sgrosso
drammaturgia del suono Elena Bucci, Raffaele Bassetti
luci Loredana Oddone
cura del suono Raffaele Bassetti
macchinismo e direzione di scena Giovanni Macis / Viviana Rella
assistenza e cura Nicoletta Fabbri
lampade Claudio Ballestracci
scene realizzate da Giovanni Macis, Michele Sabattoli
foto Patrizia Piccino, Marco Ghidelli
video Stefano Bisulli
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna
si ringraziano il Comune e il Teatro Comunale di Russi
I protagonisti di questo travolgente scherzo teatrale di Eugène Ionesco non hanno un nome proprio, sono Lui e Lei, sono archetipi, incarnano meraviglie e orrori dell’essere due, contraddizioni e conforti dell’essere coppia e dell’essere soli. Hanno bisogno di mettere continuamente alla prova il loro legame e non trovano altra via per amarsi e sopravvivere che dare la colpa l’uno all’altro di ogni mistero della vita come il dolore, la morte, il tradimento. Si illudono così che potrebbero non esistere affatto, se soltanto lo volessero. Attraverso questo meccanismo, si chiudono in un eterno presente, una navicella di sicura inconsapevolezza che li traghetta attraverso l’esistenza. Soltanto i crolli e le esplosioni, pur sfiorando il grottesco, fanno presagire l’esistenza del tempo e della storia e il frantumarsi del mondo occidentale che Ionesco profeticamente disegna.
I ridicoli battibecchi di Lui e Lei sono accompagnati dal controcanto di una guerra civile che divampa fuori del nido dove si consuma la vacua esistenza degli amanti, indifferenti alle bombe, alle sparatorie e alle stragi, quasi rassegnati al crollo di soffitti e pareti. Questo esterno negato rende tragicomico, e a tratti tenero, il loro dialogo intriso di ripetizioni rituali e non sensi, meccanismo inceppato che gira a vuoto, ma rassicura. L’appartamento è disseminato di trappole e percorsi cifrati, come dentro un gioco di ruolo che diventa reale. Lui e lei si sfidano con stratagemmi sciocchi, come spegnere la luce, cambiare di posto i mobili, confondere le informazioni. Mentono e rivelano, per ingannare angoscia e tempo. Ci raccontano la paura della solitudine, il bisogno di qualcuno che attesti la loro esistenza, l’irresistibile forza comica nascosta dentro le piccole tragedie quotidiane che spesso, nella loro apparente gravità, impediscono di allargare lo sguardo. Appaiono come fragili esseri alla ricerca di un senso e perennemente in attesa di una felicità perduta o rimandata. Misurano la reciproca resistenza, per essere certi della permanenza dell’altro finché morte non li separi.
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