Bastardo Acustico: al Kismet la vicenda umana e artistica di Charlie Mingus

Al Kismet in scena sabato 27 novembre alle ore 21 e domenica 28 novembre alle ore 18 un monologo liberamente ispirato alla vicenda umana e artistica del musicista nero americano Charlie Mingus. Con Bastardo Acustico (Produzione I Negri), Antonio Campobasso accompagnerà il pubblico in un solitario viaggio “a rischio” nella memoria inquieta e “pericolosamente” creativa del personaggio forse più “molesto” della storia del jazz.

Biglietti disponibili al botteghino del Teatro Kismet e sul circuito Vivaticket.com (clicca qui per acquistare). Per info 335 805 22 11 – 080 579 76 67. Botteghino del teatro (strada San Giorgio martire 22 F, Bari) attivo dal martedì al venerdì ore 10:30-12:30/16:30-19:00 e due ore prima dello spettacolo.

SCHEDA SPETTACOLO

I negri
BASTARDO ACUSTICO

di e con Antonio Campobasso
aiuto regia e costumi Carla Brait

Bastardo acustico è un monologo liberamente ispirato alla vicenda umana e artistica del musicista nero americano Charlie Mingus. Un solitario viaggio “a rischio” nella memoria inquieta e “pericolosamente” creativa del personaggio forse più “molesto” della storia del jazz. Quando alcuni anni fa ebbi l’intuizione di dare corpo e voce in un teatro di prosa alla figura di Mingus, mi fu subito chiaro che ciò che volevo “innescare” sulla scena era la sua indole umana e psicologica, i suoi umori, la sua trasgressione, il suo stato limite, e persino la sua violenza nella parola. La parola con i suoi ritmi, i suoi pretesti, le sue minacce… La sua maledizione. Il suo guaire. E questo perché sulla scena ci sono anch’io, con i miei fermenti, le mie ansie, la mia “dannata” necessità” di scavare nei silenzi urlati e marciti tra le mura del carcere e del manicomio.

C’è poi l’aspetto “ludico” e concertistico della performance, quello del teatro inteso come azione ritmico-musicale. Partendo da una scrittura parallela, ma del tutto auto-noma rispetto alla mingusiana autobiografia “Beneath the underdog” ho concepito “Bastardo acustico” come una partitura jazz, giocando con la parola, la lingua, la gestualità e lo spazio come fossero ciascuno lo strumento di una band che insegue e si nutre di una melodia per trasgredirla alla prima occasione.

Una drammaturgia “blasfema”, la mia, segnata da sfuriate verbali in dialetto triggianese e concitati passaggi musicali. C’è rabbia, resilienza, ironia…e un feroce, maligno desiderio di affilare un dissonante, irriverente teatro jazz a sud… molto più a sud del Teatro.
Antonio Campobasso

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